Caduto nell'adempimento del Dovere

Scalinci Rosvaldo

Guardia

di Pubblica Sicurezza

Questura di Zara

Surbo (LE) 11 Agosto 1924
Zara 11 Settembre 1943

19 Anni


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I Caduti che oggi Ricordiamo

Ufficialmente dichiarato disperso in territorio jugoslavo, da testimonianze dell'epoca trasmesse dalla nipote del Caduto lo stesso è stato verosimilmente ucciso nel corso di un attacco da parte dei partigiani slavi.

Il giorno 11 settembre la guardia Scalinci si era recato presso l'abitazione della fidanzata di un compaesano,  soldato a Zara con il Regio Esercito e qui consegnando ai familiari della ragazza  una bottiglia di liquore, disse loro che l'avrebbero bevuta insieme al compaesano al ritorno da una missione particolarmente delicata cui il poliziotto avrebbe preso parte l'indomani: avrebbe dovuto recarsi assieme ad altri 24 militari (tra Carabinieri e Finanzieri) presso il porticciolo di Oltre – Preko, sull'isola di Ugliano per portarvi importanti notizie militari. Il giorno dopo si presentarono due agenti di P.S. portando la notizia del decesso della guardia Scalinci: lo stesso era stato ucciso assieme ad un altro militare nel corso di un attacco partigiano al battello da loro occupato e che era stato successivamente affondato.

In seguito all’attacco le truppe tedesche effettuarono un bombardamento di rappresaglia contro le unità partigiane attestate nella zona.

La guardia Scalinci, figlio di Ermenegildo Scalinci e Cesira Piccinno, era nato a Surbo (Le) l'11 agosto 1924. Si era arruolato volontario in Polizia frequentando la Regia Scuola di Polizia di Roma e venendo nominato dapprima allievo guardia il 27.12.1942 e sucessivamente guardia effettiva il 16.04.1943 (iscrizione al n° 115 del Ruolo della Forza di P.S. del distretto militare di Lecce). Fu destinato subito alla Compagnia Mobile di P.S. di Zara ove prese servizio ai primi di giugno del 1943.

Dopo l’armistizio dell’8 Settembre 1943 e la dissoluzione delle Forze Armate italiane gli agenti della Questura e del Battaglione Mobile di Polizia di Zara  ( per un totale di circa 300 uomini)  rimasero al loro posto, assicurando i servizi di ordine pubblico nella città sino all’autunno-inverno del 1943-44 quando Zara venne sottoposta ad intensi bombardamenti ( secondo alcuni storici ingiustificati dal punto di vista militare) da parte degli Alleati  che causarono la morte di migliaia di civili e che distrussero la città. Dopo i bombardamenti anche i vertici della Questura abbandonarono Zara insieme a buona parte degli agenti. Solo poco più di una ventina di poliziotti rimasero al loro posto, ponendosi a disposizione del Prefetto di Zara, Vincenzo Serrentino. Gli agenti rimasti soccorsero  gli sfollati ed i senzatetto e cercarono di opporsi al saccheggio della città da parte degli abitanti delle isole vicine. Nel corso del 1944 gli agenti della Polizia di Zara ( i quali avevano organizzato alla periferia della città le nuove sedi di Questura e Prefettura) nonostante il loro esiguo numero si trovarono a difendere l’italianità di Zara dalle sopraffazioni tedesche, dalle infiltrazioni degli ustascia ( i filonazisti croati) che vennero scacciati da Zara armi in pugno dagli agenti di Polizia nel luglio 1944 e dagli attacchi dei  partigiani jugoslavi. Nell’agosto 1944 i poliziotti di Zara vennero arrestati dai nazisti con l’accusa di avere fornito armi ai partigiani jugoslavi. Gli agenti vennero liberati solo grazie all’interessamento del Prefetto Serrentino ma i tedeschi derubarono loro delle armi e delle munizioni, degli automezzi e addirittura degli oggetti corpo di reato depositati presso la Questura .

Quando alla fine dell’ottobre 1944 i tedeschi abbandonarono Zara, i Carabinieri, i quali avevano organizzato la Resistenza italiana in città ed avevano collaborato con i partigiani jugoslavi chiesero a questi ultimi di entrare in città per salvaguardare insieme alle Forze dell’Ordine italiane  la sicurezza cittadina, ma quando gli jugoslavi entrarono a Zara arrestarono tutti gli appartenenti all’amministrazione statale italiana, compresi i Carabinieri e gli agenti di Polizia.

Questi ultimi, insieme a 20-30 prigionieri civili italiani, vennero trasportati all’isola di Ugliano per essere fucilati. Prima dell’esecuzione uno degli agenti, la guardia Luigi Nigro, riuscì a liberarsi e a cogliere di sorpresa e disarmare uno degli assassini,purtroppo inutilmente. Dell’eroico gesto dell’agente Nigro approfittarono altri poliziotti prigionieri, i quali cercarono scampo gettandosi in mare, tentando inutilmente  di sfuggire alle raffiche esplose loro contro dagli jugoslavi, ma vennero uccisi insieme agli altri loro colleghi. Solo la guardia Alessandro Bertini riuscì a salvarsi a nuoto.

La strage segnò la fine della italianità di Zara.

La guardia Alessandro Bertini e un altro poliziotto, la guardia Francesco Ragaglia ( il quale, arrestato dai nazisti in agosto era evaso temendo di essere deportato in Germania e dopo la ritirata tedesca non si era consegnato agli jugoslavi) sono gli unici due superstiti noti della Questura di Zara.

Fonti: “DALMAZIA UNA CRONACA PER LA STORIA (1943-1944)” di Oddone Talpo , edito a cura dell’Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell’Esercito, Roma 1994; “ALBO D’ORO LA VENEZIA GIULIA E LA DALMAZIA NELL’ULTIMO CONFLITTO MONDIALE” di Luigi Papo de Montona , edito a cura dell’Unione degli Istriani, Trieste 1989

Si ringrazia per la collaborazione la Lega Nazionale di Trieste  

Si ringrazia sentitamente la nipote del Caduto, sig. Osvalda Scalinci per il materiale documentale e fotografico trasmesso

(in basso al centro Osvaldo Scalinci a Roma)

 

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