Giorgio Boris Giuliano
(Piazza Armerina, 22 ottobre 1930 - Palermo, 21 luglio 1979) fu un
investigatore della Polizia di Stato e capo della Squadra Mobile di
Palermo.
Diresse le indagini con metodi innovativi e determinazione, facendo
parte di una cerchia nei fatti isolata di funzionari dello Stato che, a
partire dalla fine degli anni settanta, iniziarono un'autentica lotta
contro la mafia dopo che, nella deludente stagione degli anni sessanta,
troppi processi erano falliti per mancanza di prove.
Venne ucciso dal mafioso Leoluca Bagarella, che gli sparò sette colpi di
pistola alle spalle.
Brillante e determinato investigatore, Giuliano fu nominato capo della
Squadra Mobile di Palermo al posto di Bruno Contrada, suo amico fraterno
poi accusato di collusione con la mafia. Delle molte vicende delle quali
si è occupato, quella intorno alla quale si imperniano tutti gli
interrogativi sui motivi della sua uccisione è certamente la misteriosa
scomparsa del giornalista Mauro De Mauro.
Improvvisamente, infatti, nel 1970 il De Mauro scomparve nel nulla, e
del caso furono interessati gli alti comandi palermitani ed i migliori
investigatori della Polizia (Boris Giuliano) e dei Carabinieri (Carlo
Alberto Dalla Chiesa). Giuliano interpretò l'indagine con molta
partecipazione, ben deciso a portarla sino in fondo, incontrando sul suo
cammino molti e diversi percorsi, tanti articolati scenari e numerosi
possibili moventi.
De Mauro aveva avuto un passato alquanto animato e viveva un presente
non meno vispo: repubblichino in gioventù, aderì alla Xª Flottiglia MAS
e restò in ottimi rapporti col suo comandante, Junio Valerio Borghese;
dopo essere stato giornalista presso la testata dell'Eni, "Il Giorno",
si interessò degli interventi di Enrico Mattei nella politica siciliana
(con quella che è nota come "Operazione Milazzo") e, dopo essere stato
assunto al quotidiano "L'Ora" (si è detto, per interessamento di Mattei)
iniziò un'attività di cronista investigativo sulla mafia, quantunque
slegata dalla linea editoriale e perciò per suo conto. Scomparve dopo
aver promesso al regista Francesco Rosi, che stava realizzando un film
sulla vita di Mattei, notizie importanti, tali da potergli far
guadagnare, aveva detto alla figlia, una "laurea in giornalismo".
Interessandosi all'Operazione Milazzo, De Mauro aveva sottolineato che
l'intervento di Mattei aveva insediato un governo regionale che, alla
prima occasione, con una legge speciale favorì in modo smaccato i
potentissimi esattori Nino ed Ignazio Salvo, considerati vicini alla
mafia che, sempre più certamente, si occupò poi di eliminare lo stesso
Mattei. Forse De Mauro aveva documenti su questo coinvolgimento, quando
promise a Rosi. O forse aveva indagato in altre direzioni, ad esempio
sui traffici di droga o sulle connessioni fra la mafia ed il potere.
Dulcis in fundo, De Mauro era scomparso, con una singolare coincidenza
temporale, nel momento in cui il suo vecchio Comandante Borghese, in
onore del quale aveva chiamato una figlia Junia e col quale comunque era
rimasto in contatto, andava allestendo il noto tentativo di colpo di
stato, il famoso "golpe dei forestali".
Mentre i Carabinieri si indirizzavano su piste legate al traffico di
droga, sul quale De Mauro poteva effettivamente aver avuto, ma
soprattutto "cercato" informazioni, Giuliano, insieme ai magistrati,
approfondì la pista dell'attentato a Mattei e finì con l'indagare
l'ambiguo avvocato Vito Guarrasi, uno strano individuo che aveva preso
parte in un ruolo mai chiarito anche all'armistizio di Cassibile. Il
Guarrasi, che in vita sua fu indiziato di molte cose, ma mai nulla più
che indiziato, pur non volendolo, diede a Giuliano ulteriori spunti che
l'accorto investigatore avrebbe approfondito in seguito per altre
indagini.
Giuliano ebbe infatti ad occuparsi di droga, parallelamente a Dalla
Chiesa, sebbene non in relazione al caso De Mauro, ed arrivò a scoprire
il nascondiglio (vuoto) del latitante Leoluca Bagarella, in via Pecori
Giraldi a Palermo, nel quale si trovava un ingente quantitativo di
stupefacenti. Cercando di inseguirlo attraverso i flussi di denaro
collegati al traffico, si imbatté in un libretto al portatore contenente
qualche centinaio di milioni di lire, che apparteneva a Michele Sindona,
il quale sotto falsa identità si trovava in quel periodo in Sicilia
avendo inscenato un falso rapimento.
Dopo essersi incontrato con Giorgio Ambrosoli, che stava per liquidare
la banca di Sindona (e che fu anch'egli poi ucciso, solo una decina di
giorni prima di lui), pare che Giuliano abbia cercato di organizzare
un'apposita indagine sul banchiere.
Nel 1979, Giuliano aveva dunque esperito indagini sulla mafia, sul
traffico mafioso degli stupefacenti, sui rapporti fra mafia e politica,
sul caso Mattei, sul caso De Mauro, su Sindona ed il suo falso
rapimento, e forse ancora su altre vicende che a queste dovevano
collegarsi.
Il 21 luglio, mentre prendeva il caffè al bar Lux in via Di Blasi, a
Palermo, Leoluca Bagarella gli sparò, a distanza ravvicinata, sette
colpi di pistola alle spalle, uccidendolo.
Probabilmente dalla maggioranza degli osservatori, è stato posto in
relazione l'assassinio del capitano dei Carabinieri Emanuele Basile,
ucciso a Monreale pochi mesi dopo, alle indagini che stava svolgendo in
ordine all'attentato di cui era stato vittima Giuliano. Ciò, va detto,
contrasta con alcune risultanze processuali, o perlomeno con talune
asserzioni incidentalmente considerate attendibili in procedimenti di
altra materia, per le quali si vorrebbe che entrambi siano stati uccisi
per aver indagato su alcuni piccoli esponenti della mafia rurale.
Secondo la versione giudizialmente accreditata - par di desumere -
nonostante Giuliano si sia occupato di alcuni fra i misteri più
intricati e gravi della storia repubblicana, sarebbe morto per il
fastidio arrecato ai piccoli capizona di Altofonte, paesino dei dintorni
di Monreale.
Secondo molti osservatori, con Giuliano si spense un grande talento
investigativo, un onesto funzionario di polizia che nel suo ruolo fu una
grande personalità delle istituzioni, il cui ricordo, come accade anche
per altri suoi colleghi di analogo destino, non è adeguatamente onorato,
ed anzi particolarmente lasciato all'oblio. Gli interrogativi sul reale
movente del suo assassinio restano tuttora aperti, non considerandosi in
genere altro che una coincidenza la sua perpetrazione ad opera di un
mafioso da lui indagato. Né vi sono verità giudiziarie capaci di
stabilirne senza alimentare dubbi.
Pare assai probabile che Giuliano stesse per scoprire qualcosa di
importante, ed è forse in quella scoperta ormai perduta che cadde per
servizio.
Successore di Boris Giuliano, come capo della squadra mobile, sarà
Giuseppe Impallomeni , ( tessera P2 n. 2213), precedentemente
allontanato dalla mobile di Firenze per un giro di tangenti, e
inopinatamente, dal 309° posto della graduatoria dei vicequestori
aggiunti, era passato al 13° posto, fatto che gli consente di prendere
il comando della Mobile di Palermo. Questore del capoluogo palermitano
diventa Giuseppe Nicolicchia, di cui verrà rinvenuta, tra le carte di
Castiglion Fibocchi, la domanda di affiliazione alla Loggia di Gelli. Il
testimone di Boris Giuliano è stato raccolto dal figlio Alessandro,
anch'egli funzionario della Polizia di Stato e valente investigatore,
che ha recentemente scoperto ed arrestato il presunto serial killer di
Padova, Michele Profeta. |