Caduto nell'adempimento del Dovere

Borandi Franco

Guardia

PAI Polizia Africa Italiana

Battaglione PAI "Vittorio Bottego"

9 Settembre 1943

21 Anni


 

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I Caduti che oggi Ricordiamo

Morì il 9 Settembre all’ospedale Santo Spirito di Roma dove era stato ricoverato in seguito ad una ferita accidentale di arma da fuoco.

Nel tardo pomeriggio di quel giorno, nel pieno degli scontri per la difesa di Roma, la guardia Borandi partecipò, insieme ad altri trentacinque agenti della PAI, alla cattura di una ventina di soldati tedeschi in via Tiburtina. Mentre insieme ai propri commilitoni stava procedendo al disarmo dei tedeschi, l’agente Borandi urtò accidentalmente a terra il calcio del proprio mitra MAB, dal quale partì un colpo che raggiunse il giovane agente alla mascella. Soccorso dai propri commilitoni e da un ufficiale tedesco, la guardia Borandi morì poco dopo il suo ricovero in ospedale.

Alle 20 dell’8 Settembre 1943 il Maresciallo d’Italia Pietro Badoglio, Presidente del Consiglio dopo la destituzione di Mussolini, annunciò la firma dell’armistizio tra l’Italia e gli Alleati. Poche ore dopo il governo, insieme alla Famiglia Reale e ai vertici militari, abbandonava Roma senza fornire ordini precisi alle Forze Armate italiane.

Di questo vuoto di potere approfittarono le truppe tedesche per tentare di occupare la Capitale italiane, in difesa della quale, oltre a unità regolari del Regio Esercito si schierarono gli agenti della PAI  e delle altre Forze dell’Ordine oltre a centinaia di volontari civili. La sera stessa dell’8 Settembre i paracadutisti dell’esercito tedesco si attestarono di fronte al Ponte della Magliana e a Valleranobbio, intimando ai granatieri di Sardegna, i quali si trovavano di presidio ai posti di blocco, di lasciare il transito libero ai soldati della Wehrmacht. Ne nacque una violenta battaglia nel corso della quale i granatieri vennero costretti a ritirarsi. In soccorso dei compatrioti si schierarono altre truppe del Regio Esercito e delle Forze dell’Ordine che riuscirono a riconquistare le posizioni perdute e che vennero mantenute sino alla tarda serata del 9 Settembre. Durante la notte tra il 9 e il 10 Settembre il generale Carboni, comandante delle truppe di Roma,  ordinò ai difensori del ponte della Magliana di evacuare le proprie posizioni per ritirarsi a difesa di Porta San Paolo e della via Ostiense. La battaglia, in seguito ad ordini incoerenti ed insensati del generale Carboni,  riesplose nella mattinata del 10 Settembre intorno a Porta San Paolo, tenuta dai granatieri italiani, dai reggimenti di cavalleria blindata “Montebello” e “Genova” e da altre unità del Regio Esercito, da centinaia di agenti della P.A.I. e da molti coraggiosi civili romani, insorti a difesa della loro città. Gli italiani  riuscirono a respingere il nemico in un’aspra battaglia costata pesanti perdite da entrambe le parti sino al pomeriggio.

Il generale Calvi di Bergolo, nuovo comandante delle truppe di Roma, di fronte alle preponderanti forze nemiche, fu  costretto a firmare la  resa di Roma alle 16 del 10 Settembre,  data che segnò l’inizio dell’occupazione nazista di Roma, terminata il 4 Giugno 1944 con la liberazione della Capitale da parte degli Alleati.

Il generale Giacomo Carboni, uno dei massimi responsabili del massacro di centinaia di Soldati, Agenti e Civili che avevano valorosamente difeso Roma tra l’8 e il 10 Settembre 1943, alla fine della guerra fu deferito al Tribunale Militare ma venne condannato ad una pena irrisoria.

Fonte: “L’Italia della Guerra Civile”  di Indro Montanelli e Mario Cervi, “Polizia Moderna”, “Storia Illustrata” settembre 1983

 

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