COME SEMPRE.... “E' TUTTAPPOSTO!”
di Gianmarco Calore
Undici in
neanche sette mesi.
Questa cifra
racchiude un dramma di cui NESSUNO vuole
prendere consapevolezza: quello dei suicidi in
Polizia.
Se poi vogliamo estendere questa
statistica del solo 2015 anche a Polizia
Penitenziaria e Carabinieri, da 11 passiamo a
21.
L'ultimo dei nostri che ha deciso di
farla finita si chiamava Diego Bisson. E' giusto
conoscerli per nome, questi ragazzi. E' giusto
che TUTTI prendiamo consapevolezza che non si
può chiudere la “pratica” con due iniziali e
tante belle inutili parole.
Diego era un Assistente Capo del 2°
Reparto Mobile di Padova. Non lo conoscevo di
persona, ma i ragazzi me lo descrivono come “un
toco de pan”, un pezzo di pane. Un amore
equamente ripartito tra il suo lavoro e la sua
famiglia, la sua ragazza. Certo, gli alti e i
bassi di tutti i giorni.
Poi, una lite in casa. Cose che
capitano a chiunque. Ma in lui si deve essere
rotto qualcosa. Lascia in casa tutto, documenti,
telefonino.... prende la macchina, va a Reparto,
preleva la sua pistola. E scompare. Sono seguite
ore di ricerche frenetiche che hanno coinvolto
tutti i Colleghi di qualsiasi Arma e Corpo. In
servizio o liberi da esso, si sono lanciati in
una battuta senza sosta. Ovunque. Senza mai
mollare. E fino al tragico epilogo: Diego è
stato trovato morto questa notte.
Siamo STANCHI.
Stanchi di piangere questi Colleghi,
Amici, Fratelli.
Stanchi di non riuscire a capire i
loro drammi interiori: siamo sempre più sui
social e sempre meno connessi con il mondo
reale?!
Ma soprattutto siamo STANCHI di
assistere all'ennesimo silenzio istituzionale di
fronte a un dramma che sta assumendo i connotati
di una STRAGE. Una strage silenziosa.
La struttura che ci rappresenta,
quel Ministero che ci dà ogni giorno la
pagnotta, in questo ambito è assolutamente
latitante. Nessuno che si prenda la briga di
fare davvero qualcosa. Eppure basterebbe poco,
magari chessò, una convenzione con studi
specialistici ESTERNI all'amministrazione e in
cui un Collega che stia attraversando un momento
buio della sua vita si possarivolgere in
assoluta tranquillità e anonimato. Perchè capire
di avere un problema è già un grosso passo in
avanti. Ma se non hai nessuno con cui parlarne,
o peggio, se quel qualcuno ti mette pwer prima
cosa in aspettativa aggiungendo problema a
problema, allora da quel tunnel non ne esci
davvero più.
Undici in neanche sette mesi.
Non si tratta più di valutare la
questione come semplici casi isolati. Dal
dopoguerra a oggi, questo è l'annus horribilis,
è la Chernobyl della Polizia. Mai così tanti,
mai in così poco tempo. E allora magari una
domanda in più i signori del palazzo dovrebbero
farsela. Ma adesso ci sono le vacanze, vuoi che
ce le roviniamo?! Perchè il problema deve essere
per forza soggettivo, mai riconducibile a un
lavoro nelle cui dinamiche probabilmente si è
rotto qualcosa.
Undici in neanche sette mesi.
Quanti, entro la fine dell'anno? E
quanti, l'anno prossimo?
Quante volte dovremo ancora scrivere
RIP e tutta quella serie di inutili, vuote
parole di vicinanza a chi resta, di commiato per
chi ha deciso di andarsene? Chi sarà il
prossimo? Chi non saremo ancora una volta in
grado di aiutare?
Undici in neanche sette mesi.
E per il nostro ministero “è
tuttapposto!”. Come sempre.