Semplicemente ... Luigi Bertinetto
!
(su concessione del nipote Alex)
Questa storia non può iniziare con il classico
"C'era una volta in un paese lontano lontano..."
perchè conosciamo benissimo il luogo ed il tempo,
Genova, da qualche parte attorno al 21 di ottobre
1942...
... la Storia sta spiegando le sue ali ad avvolgere
il mondo, ali cupe che vanno assumendo il colore
bruno del sangue rappreso, ma a noi, uomini e donne
di piccolo peso, è dato di vedere, scostando le
ragnatele del tempo, in questa sera di tardo autunno
due giovani camminare lentamente, mano nella mano,
fino a cercare il sole che si tuffa nel mare.
Il tramonto colora di rosso una nave da guerra alla
fonda nel porto, ma gli occhi di due giovani di
ventanni vanno al di là del momento presente, e
corrono leggeri sulla superfice del mare.
La voce di lui sale appena a smuovere l'aria, è un
piccolo sussurro, una dolce carezza all'orecchio di
lei.
"Il mio paese è coricato fra i castagni, in questo
periodo esplodono in tutti i colori della terra.
Quando vado a far legna sulla strada che porta a
Giaveno, le foglie per terra sono come un tappeto.
Allora mi immagino che stiano salutando l'ultimo
sole prima di morire, come se volessero cantare la
tristezza per l'inverno che viene ed i lunghi mesi
di gelo e silenzio.
Ti porterò là un giorno, quando mi daranno una
licenza e ti presenterò ai miei genitori... magari
la prossima primavera...c'è un sentiero nel bosco
dove d'estate volano le lucciole...e c'è il Sangone,
il nostro fiume, che ogni giorno sussurra
all'orecchio la sua canzone"
Mentre parla, già la sua mente vola al momento in
cui camminerà con lei in quelle strede che ben
conosce, e potrà presentarla agli amici, ai parenti.
Sogni semplici di un cuore puro che già si vede
ripetere il gioco infantile di risalire il fiume
saltando di masso in masso.
Un velo di nostalgia gli sale dal cuore mentre
ripensa alla sua terra lontana, al suono delle
campane del Santuario, alla carezza del fiume
all'orecchio...
... lei capisce, e gli dona la sua carezza, la sua
mano lieve si appoggia sulla sua guancia e ne segue
il profilo, stirandogli la bocca in un sorriso.
Un tocco lieve, pudico, com'è giusto in quel tempo,
in cui la sofferenza nutre i sentimenti e li fà
diventare più veri.
Lei sà che il mare è alle sue spalle, ma le piace,
cercarlo negli occhi di lui, occhi di un blu
profondo.
Indifferente il sole tramonta ed è tempo di andare.
"Per qualche giorno sarò di servizio e non potremo
vederci" le dice, mentre indugia con le sue mani a
trattenere quella di lei, ed intanto sogna il
momento in cui potrà finalmente stringerla tra le
braccia, perdersi nel profumo dei suoi capelli,
sentire la morbida consistenza delle labbra, ma oggi
non si può, non sarebbe rispettoso, ed allora con un
sospiro la lascia, ma nel lento scivolare delle
mani, in quell'attardarsi esitante capisce che per
lei vibrano nell'aria gli stessi sogni.
Storia semplice ed ingenua, come semplice ed ingenuo
è un amore di ventanni, in una città in guerra
Storia di coraggio e di speranza, la speranza di chi
anche nel buio più scuro guarda al domani, alla luce
del mattino.
Lontano in una casa in riva al fiume, una madre
tiene tra le mani la foto di un giovane, fiero nella
sua divisa , legge e rilegge la dedica: "Cara mamma
alla Madonna della Guardia ho pregato per te".
Il cuore di una madre sa aprirsi alla gioia, e
stringersi d'angoscia, "Che la Vergine Santa ti
protegga figlio mio!".
Già figlio, già grande per fare il soldato, ma
ancora così bambino, con i tuoi capelli corti e lo
sguardo fiero...
Figlio già uomo, che scrivi da una città troppo
lontana, perchè questo cuore di mamma possa vegliare
su di te...
Figlio mio primogenito luce dei miei occhi,
strappato a me da una guerra che non so capire,..
Figlio,.. ed il mio cuore è legato con un filo
spinato che lo trafigge ad ogni palpito.
E la notte copre con il suo manto queste scene di
dolore povero, non l'angoscia dei potenti per la
sorte del mondo, ma la sofferenza dei poveri che si
vedono strappare il loro mondo.
***
22 Ottobre 1942 nella notte appena accennata il
lugubre ululare delle sirene antiaeree riga il volto
della Storia annunciando alla città attonita che la
guerra è arrivata a scuotere anche le sue case ed i
suoi cuori.
IL giovane di servizio in strada aiuta le persone
che si affollano verso i rifugi, cantine e gallerie
scavate nel fianco della montagna, coppie di anziani
che si trascinano aiutandosi l'un l'altro come hanno
fatto da una vita, madri con bambini urlanti in
braccio, le imprecazioni, le bestemmie e le
preghiere unite in una sola litania.
Mentre incoraggia, aiuta, guida, il giovane pensa
all'amata in un'altra parte della città, e prega
silenziosamente "Signore, aiutala, falle trovare il
rifugio più vicino, Madonnina guidala" Ed intanto
offre la sua mano, la sua spalla ad un infinità di
volti tutti uguali nell'oscurità della città buia
per il coprifuoco.
E di colpo l'inferno esce dalla voragine in cui è
stato ricacciato per millenni ed arriva su Genova
ringhiando e rombando.
Le vibrazioni basse sono pugni nello stomaco, una
voce si alza a recitare il rosario, altre voci si
aggiungono sommessamente.
Anche chi prima bestemmiava, adesso prega con
fervore, il Dio Padre, il Dio buono, capirà anche
l'incoerenza di queste anime spaventate, trascinate
in un vortice che mai han saputo dominare.
Anche il giovane prega, e gli torna alla mente il
mese di Maggio, il profumo della sua terra nelle
sere in cui al Santuario si prega la Madonna nel Suo
mese, nel mese delle rose.
"Finirà, tutto questo finirà, ed un giorno saremo
felici insieme..."
****
23 Ottobre 1942, il mattino si leva triste e freddo
su una città devastata.
La nebbia che sale dal mare si confonde con i fumi
degli incendi.
Il giovane è ancora in servizio con altri
commilitoni, è necessario fare sopralluoghi,
verificare le zone pericolose, avvisare gli
artificeri se vi sono bombe inesplose, impedire agli
sciacalli di approfittare della situazione per
razziare le già povere cose della popolazione,
mentre piano piano la gente sta uscendo dai rifugi
per sapere se è tempo di vivere o di morire.
"Chissà come sta?" si chiede il giovane, il cuore
rivolto ad un solo pensiero mentre in Piazzale
Corvetto si avvia con gli altri verso un cumulo di
macerie dove solo poche ore prima c'era una casa.
Ed improvviso, la terra si capovolge, il cielo
diventa scuro, mentre dalle macerie la bomba infida
completa il suo lavoro di distruzione...
...li raccattano, perchè non c'è altro termine, li
raccolgono alla belle meglio, con lenzuola annodate
strette per mantenere i loro corpi in una parvenza
di dignità.
Questa volta è il suono delle ambulanze che si alza
livido nell'aria, sono le 10.20.
Il giovane è ancora vivo, con le ultime energie si
aggrappa al filo della vita, inconsciamente,
forse,il ricordo di lei gli mantiene accesa nel
petto la scintilla della speranza.
Forse percepisce il lieve tocco, le dita della suora
che gli detergono la fronte sudata, forse ripensa a
quella sera vicina, ma ormai irrimediabilmente
lontana in cui lei ha accarezzato così dolcemente la
sua nostalgia.
Con un ultimo guizzo la fiammella si spegne ed il
freddo, rotte le barriere invade il povero corpo
straziato.
E' il mattino del 24 ottobre.
*****************
In tempo di guerra le notizie scorrono lente, sono
passati due giorni dal bombardamento la vita sta
tentando di riprendere il cammino, la ragazza torna
dal lavoro e sta sognando quando lo potrà
rivedere,cammina lesta insieme alle amiche, ma,
davanti ad una chiesa un capannello di persone e
decine di feretri.
L'amore avvince il cuore con lacci sottili che
uniscono gli innamorati, trasmettono le sensazioni,
anticipano il futuro, e la ragazza sente questi
lacci che si stringono improvvisamente togliendole
il fiato.
Con la mano improvvisamente sudata stringe il
braccio dell'amica più vicina e si avvicina per
sentire.
Qualcuno sta elencando i nomi dei caduti, in ordine
alfabetico, ed il nome di lui è tra i primi.
Come un martello su uno specchio la verità si
abbatte sui suoi sogni frantumandoli, le schegge
aguzze le trafiggono il cuore mentre si accascia tra
le braccia delle persone che la circondano.
*******
In tempo di guerra le notizie scorrono lente, sono
passati ormai quasi dieci giorni e nella casa in
riva al fiume la madre torna dal suo lavoro di bàlia.
Dalla finestra della cucina vede un ufficiale in
piedi accanto al tavolo, ed il marito seduto, o
accasciato, con un foglio in mano.
Non ha bisogno di sapere, non c'è bisogno di capire,
un cuore di madre sa prevedere.
Non entra neppure, si siede sui gradini della scala
esterna, impietrita, mentre i capelli incanutiscono,
neppure si accorge che tra le mani stringe la foto
di un soldato con la dedica "Cara mamma alla Madonna
della Guardia ho pregato per te".
***************
Passano i giorni come passa il vento tra le foglie,
ma nel cuore della giovane il dolore è sempre vivo,
finchè un giorno, su una lettera verga poche righe
"Gentili signori, ero la fidanzata di Luigi, avrei
piacere di conoscervi, avrei piacere, se non vi
arreca troppo dolore, di sapere qualcosa di
lui.Silvia"
Ed una mattina, ospite attesa prende il treno per
arrivare alla casa in riva al fiume.
Cosa avrai pensato Silvia, mentre il treno ti
trascinava lungo il Piemonte? avrai pensato alle
volte che lui aveva fatto quella stessa strada?, e
quando i tuoi occhi si sono posati sui castagni, sul
campanile del Santuario che svetta imponente e solo
sul suo colle, cosa hai pensato?
Poi.. l'incontro tra le due donne nella casa, le
parole, i silenzi ad ascoltare il mormorio del
fiume.
Che impressione strana essere lì, a guardare quelle
cose per lui così familiari, la catasta della legna,
il fienile, la stalla...
... immaginare la sua voce che corre e accarezza
l'orecchio come il fruscio del vento tra le
foglie...
...e pensare, e soffrire, per ciò che avrebbe potuto
essere ed invece non sarà
Sono certo che avreste voluto aggredire il tempo,
fermarlo perchè quegli attimi durassero in eterno,
la forza di due amori differenti ma ugualmente
disperati che non riuscirono nel miracolo e venne
l'ora di ripartire.
Sei già sul treno mentre il paesaggio si allontana
dietro di te e ancora le lacrime ti rigano il
volto,mentre ricordi l'abbraccio della madre, e la
sorellina di lui, sei anni che ti incita a far
presto 'Corri Silvia che il treno subbia'
Subbia italianizzazione ingenua del piemontese
fischiare, e il pensiero tenero di quella bimba che
Luigi tanto amava ti strappa un sorriso di
tristezza, se pensi ai figli ...
*******************
I giorni si succedono ai giorni e Silvia non vive,
sopravvive, le mani ferite a raccogliere i cocci
aguzzi di una vita.
Ma la vita è puttana debole coi forti e forte coi
deboli, preferisce schiacciarti al suolo piuttosto
che aiutare a rialzarti.
Ed una sera ,di nuovo la sirena, quella stessa che
ha infranto i tuoi sogni e come allora bisogna
correre, affrettarsi verso il rifugio, verso la
cantina, verso la sicurezza.
E tuo padre ti incita "Dai Silvia corri", ed il
respiro affannoso di tua madre accanto a te mentre
come inebetita lasci che il tuo corpo metta un passo
dopo l'altro.
Le voci tutto intorno ti rimbombano nelle orecchie,
con il loro incitare con il loro spingere, un
frastuono che ti esplode nella testa 'Corri, corri,
corri, corriiii...', e scalpiccio di passi e urla e
pianti e bestemmie e preghiere...
Ma la tua mente è altrove, ad un'altra sera ad un
altro dopo.
Neppure ti accorgi che il tuo passo è troppo lungo e
manca il gradino.
Una fitta lancinante alla schiena e tutto diviene
nero e buio. Non hai la forza di respirare, non hai
la forza di urlare, qualunque cosa fosse, grido o
lamento è rimasto strozzato tra i denti.
L'impressione di dondolare mentre una nuova fitta
lancinante alla schiena ti fa perdere i sensi.
Al risveglio c'è su di te il volto di tua madre
rigato di lacrime.
Provi ad alzarti, ma una fitta brutale ti fa
recedere dall'intenzione, provi a muovere le gambe,
ma stranamente non senti nulla non hai nessun
controllo su di loro, solo un dolore lancinante che
ti toglie il fiato.
Ed allora, nelle lacrime di tua madre, nel volto
terreo di tuo padre leggi la risposta brutale e
spietata com'è stata spietata con te la vita.
Non camminerai mai più, nella caduta la tua schiena
si è spezzata.
Quando è troppo è troppo, silenziosamente dietro gli
occhi chiusi ti chiedi "Perchè?"
Si puà morire in molti modi, per ferita, per
malattia, per vecchiaia, e si può morire di dolore,
si può morire perchè manca la voglia di vivere.
E così è accaduto al tuo piccolo cuore per troppe
volte straziato, te ne sei andata, silenziosamente,
con il fardello di un dolore troppo pesante per i
tuoi pochi anni.
*********************
La storia è finita, è una storia tanto brutale
quanto breve, ma non prendetevela con me, è ,
crudele quanto può essere crudele la vita, dolce e
struggente come è dolce e struggente un amore di
ventanni.
Luigi era mio zio, fratello di mia madre, appunto la
bambina di sei anni che esortava Silvia ad
affrettarsi per non perdere il treno.
C'è anche un'appendice, per chi la vuol leggere.
Di Silvia conosco il cognome e null'altro.
Luigi ha riposato per lunghi anni nel cimitero di
Staglieno a Genova, in un campo che conservava i
caduti della guerra.
Ricordo durante le vacanze a Recco, puntuale la
nostra visita, un corridoio buio, silenzioso.
Nessuna emozione per me bambino, una lapide senza
foto, solo nome cognome, due date.
Ma mia madre aveva promesso ai suoi genitori che un
giorno lo avrebbe riportato a loro, ed una sera me
ne ha parlato, magicamente, dalle nebbie del tempo è
emersa questa storia, queste figure, ed allora non
era più una lapide, aveva due occhi, un sorriso,
delle speranze.
Ho promesso a mia madre che l'avrei aiutata.
Ed ecco Il 4 ottobre 1999 sono io, sono proprio io,
seduto sul muretto fuori da Staglieno mentre attendo
che ci venga consegnato il corpo da riportare a
Trana, nel cimitero fra i castagni.
Mia madre è nervosissima ed emozionata, mio padre
l'ha seguita ed accompagnata, io dovrei essere il
più freddo, il meno coinvolto ed è a me che
consegnano la cassettina di metallo, con un numero
ed un nome.
Poi volo, con la mia auto, l'arrivo a Trana, le
pratiche burocratiche e mentre attendo che l'addetto
prepari il sito per la tumulazione provvisoria,
improvviso mi sale in gola un pensiero, "Bentornato
Zio... bentornato a casa!"
*****************
La storia è finita, è finita per davvero, non so se
sono riuscito a dare le emozioni che mi sono
scoppiate nel cuore quel giorno lontano in cui mia
madre me l'ha raccontata.
Ma ho giurato a me stessa che l'avrei raccontata,
nel modo che conosco, usando la rabbia che mi esce
dal cuore quando vedo uccidere una felicità appena
sbocciata.
E se già non avete motivi per disprezzare la guerra,
spero di avervene fornito uno.
(Su gentile concessione del nipote Alex -
lxdrstc@yahoo.it
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