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LA SCOPERTA DI UNA LEGGENDA di Gianmarco Calore
Fu una delle prime schede che inviai alla Redazione di Cadutipolizia appena fui invitato a salire a bordo di questo team di “sciagurati”. Una scheda che avevo ricavato da alcune pagine della cronaca patavina dell'immediato secondo dopoguerra e che aveva fatto spargere tanto inchiostro per le settimane successive al fatto: l'omicidio di un brigadiere di P.S. avvenuto a Ravenna nel 1948. Sul principio non detti eccessiva importanza al personaggio: eravamo ancora nella fase pionieristica del sito, fatta di pantagrueliche indigestioni di dati e notizie ricavate consumandoci gli occhi su microfilm e pagine ingiallite di quotidiani, rinchiusi in biblioteche di mezza Italia come piccoli topolini alla ricerca del formaggio. “Macinavamo” centinaia di schede, per lo più Poliziotti conosciuti dall'opinione pubblica ma anche figure assolutamente ignote e spesso scoperte per puro caso. Attualmente il lavoro della Redazione è ben lungi dall'essere completato: sono ancora centinaia le schede da inserire per rendere la giusta memoria a tanti Caduti che stanno aspettando quel minimo di ricompensa anche virtuale che la storia magari non ha dato loro. Ma l'altra mattina presso la biblioteca civica, mentre mi stavo documentando su alcuni avvenimenti a corollario di alcune schede ho deciso di approfondire una figura che in parecchi numeri di cronaca nera compariva come una sorta di temibile investigatore che teneva in scacco una criminalità spesso da sopravvivenza, ma per questo non meno terribile e spietata di quella organizzata. Ne è scaturito un mosaico di notizie piccole e grandi che ha contribuito a delineare la figura di una leggenda: quella del brigadiere Marsilio Piermattei. E cosa c'entri Ravenna con Padova sarà presto spiegato. Marsilio Piermattei era un duro. Dovevi esserlo per forza quando una guerra mondiale ti stava sconquassando il Paese e quando chiunque indossasse una divisa veniva considerato un bersaglio da tante, troppe parti in causa. Dovevi esserlo ancora di più quando l'Italia venne spaccata in due da un governo golpista che, dopo l'Otto Settembre 1943, staccò di fatto il nord Italia dal resto della Penisola facendolo diventare una repubblica – fantoccio retta da un Duce che era diventato l'ombra di sé stesso in una Nazione ormai sempre più priva di controllo. E quando si trattò di prendere posizione in questo guazzabuglio politico, il brigadiere Piermattei non ci pensò due volte: aveva giurato fedeltà al Re, non a un pagliaccio in stivali neri che aveva rinominato la sua Polizia come “Repubblicana”. La scelta fu ancora più drastica e Piermattei aderì senza rimorsi né rimpianti alle formazioni partigiane, tanto da essere condannato a morte da un Tribunale Speciale Fascista che lo additò come un rinnegato sovversivo. Il brigadiere Piermattei però non fu mai uno che aveva cercato la vita facile: era entrato in Polizia giovanissimo e si era distinto da subito nella lotta alla criminalità. Fu assegnato alla Questura di Padova e qui alla “Squadra Gabinetto”, l'antesignana della più conosciuta Squadra Mobile. Un lavoro duro fatto di attività di intelligence con la raccolta di informazioni in ogni strato delle classi sociali, ma anche di crassa manovalanza con appostamenti, arresti e inseguimenti conditi spesso da pistolettate e schioppettate. In più, tutte le pratiche burocratiche da mandare avanti quotidianamente. La cronaca patavina degli anni Quaranta è punteggiata dalle imprese mirabolanti di questo brigadiere, imprese che coniugavano il serio e il faceto: come quella volta che fu arrestato un ladro di biciclette al mercato di piazza delle Erbe. Un mariuolo, uno dei tanti, che aveva visto un facile profitto su una bici lasciata momentaneamente incustodita. Una bici sbagliata, ancora più sbagliata perchè di proprietà proprio di Piermattei che, per assumere informazioni riservate sulla piaga ben più grave del mercato nero, aveva finto di farsi radere la barba in una bottega lì di fronte mentre il suo confidente si stava “sbottonando”. La gente vide un omone tutto avvolto nel lenzuolo da barbiere e con il volto ricoperto per metà di schiuma da barba avventarsi come un falco sul ladruncolo che venne quindi tratto in arresto. Cronaca che mise in luce le doti di Piermattei anche in frangenti molto più delicati, come il sequestro sventato del figlio di un gioielliere messo in piedi da una banda di disperati. Disperati che non esitarono a sparare addosso al sottufficiale per assicurarsi una vana fuga: Piermattei, sebbene ferito, ne arrestò due da solo mentre gli altri furono catturati entro la fine della giornata. Oppure l'occasione in cui fu organizzata la cattura degli organizzatori di una bisca clandestina di cotale protervia criminale da avere occupato per i loro loschi affari un appartamento proprio di fronte alla questura. Ne pestò tanti di piedi, il brigadiere Piermattei: piedi di disperati ma anche piedi di pezzi da novanta che cercarono di fargli la pelle con armi ben più subdole delle pistole: il pubblico discredito quando la strada dei trasferimenti d'ufficio rimase inevasa. Non vi furono scandali che lo riguardarono, però: la sua fama e la sua rettitudine lo precedevano, tanto che la cittadinanza ne era ammirata oltre che intimorita. Il Questore gli disse più volte: “Stia attento, brigadiere... la gente non è fatta tutta della stessa pasta”. Ma lui tirava dritto per la sua strada. Non lasciò mai da soli i suoi uomini, come quella volta che si offrì di sostituirne uno in un noioso piantonamento all'ospedale: il collega sostituito doveva assistere la moglie ormai prossima al parto. I suoi uomini erano tutto, per un brigadiere il cui grado rivestiva un'importanza oggi completamente scomparsa: li difendeva sempre a spada tratta qualsiasi cosa fosse successa, spesso assumendosi responsabilità non sue come quella volta che sostenne di avere ordinato lui a due dei suoi di allontanarsi da un determinato posto che dovevano vigilare, quando invece i due lo avevano fatto di loro iniziativa per ripararsi dal freddo pungente e da una nevicata polare. Però ai suoi uomini richiedeva tutto, anche l'anima quando era il caso di darla: e loro ben volentieri gliela offrivano senza obiettare nulla. Un Poliziotto come non ce ne sono più. Uno che sapeva distinguere il male anche quando esso si trovava all'interno del suo stesso Corpo. Diceva sempre ai suoi: “Nel bene o nel male venite sempre da me con la verità: poi qualcosa ci studiamo!” E quando tre banditi in divisa negarono anche l'evidenza dopo essere stati scoperti a rubare alcune bottiglie di “cordiale” dallo spaccio della questura, fu proprio lui a curare non solo le pratiche del loro arresto, ma anche quelle della loro destituzione.
Succede però che un bel giorno un grosso filone di indagine riguardante una serie di furti conditi da un omicidio portò in prigione una banda di pericolosi tagliagole: uno di questi, condannato in Assise, fu udito lanciare esplicite minacce di morte all'indirizzo del brigadiere: “Quando esco, tu fai una brutta fine!”. Non c'era da scherzarci sopra: il personaggio aveva una cartellina informativa degna di un'enciclopedia ed era conosciuto nell'ambiente come uno che non dava mai fiato alla bocca per niente. La stampa, poi, era andata a nozze pompando il caso forse fuori misura. Il questore, che aveva a cuore la sorte di uno dei suoi più validi collaboratori, quando dopo alcuni anni il bandito fu scarcerato decise quindi di fare trasferire Piermattei a distanza di sicurezza: cosa meglio della sua città di origine, Ravenna? Città tranquilla, poco più che un paesotto. Lì Piermattei si sarebbe cimentato nella lotta ai ladri di verze in attesa che la situazione si fosse normalizzata. Quando si dice che il diavolo fa le pentole, ma non i coperchi.... Ravenna era anche la città in cui il bandito aveva quei pochi parenti ancora in vita. Vuoi per cambiare aria anche lui, vuoi perchè in qualche modo aveva saputo del trasferimento del brigadiere, entrambi si vennero a trovare di nuovo nello stesso contesto ambientale.
E' il 27 marzo 1948. Marsilio Piermattei esce di casa di buon'ora per recarsi al mercato a fare la spesa. E' fuori servizio, ma da sempre ha l'abitudine di portare con sé il revolver d'ordinanza. Al mercato incrocia lo sguardo di uno conosciuto: probabilmente il sottufficiale tentò di mettere a fuoco la lente dei ricordi... Chi poteva essere quel ceffo che alla sua vista ha abbassato lo sguardo confondendosi con la folla? Mah... Invece quel ceffo lo aveva riconosciuto. Testimoni dei fatti dichiararono che, mentre lo seguiva a distanza, girò per le botteghe a domandare come un ossesso: “E' quello, Piermattei?”. Dopo l'ennesima risposta affermativa, si decise di affrontarlo quasi sotto casa. E lo fece profferendogli la stessa domanda: “Sei tu, Piermattei?”. I testimoni descrissero una scena da far west, con il sottufficiale che, consapevole della sua vita in pericolo, mollò a terra gli incartamenti della spesa girandosi di scatto con il revolver in pugno. Ma il bandito fu decisamente più veloce e sparò per primo colpendo il militare che crollò al suolo non prima di avere esploso a sua volta un colpo. Ma i sensi lo mollarono quasi subito, consentendo al suo aguzzino di avvicinarsi e di sparargli l'ultimo colpo, quello di grazia, alla testa. Il bandito venne subito catturato: fu trasportato in questura in stato di trance, quasi catatonico, mentre blaterava frasi senza senso circa la propria librazione da un incubo. Incubo che cominciò invece proprio in quel momento, con una sua condanna all'ergastolo.
Oggi del brigadiere Marsilio Piermattei rimane un nome sulla lapide della questura di Padova, estremo omaggio a uno dei Poliziotti più valorosi che questo Ufficio ebbe l'onore di annoverare. Resta una foto su Cadutipolizia, quella nella sua scheda personale. Resta il nostro perenne ricordo verso un Poliziotto che a distanza di tanti anni ha riscosso l'ammirazione e il rispetto in chi ne ha ricostruito la storia.
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