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BASTA POCO (le guardie ausiliarie di P.S. Lussorio Bosu e Francesco Rezza, Roma 1944) Roma, 4 Giugno 1944 “Bastardi!” “Comunisti! Schifosi comunisti!” “Maledetti monarchici! Cos’è? Siete già pronti a tradire i camerati tedeschi come il vostro Re?” “Luridi comunisti! Bastardi! Figli di puttana monarchici! Nemici del Duce!” Li hanno massacrati per ore a pedate e pugni, con i calci dei fucili, li hanno frustati con la cinghia delle tracolle. Ora si limitano ad insultarli e a sferrare loro qualche calcione ai fianchi con i loro pesanti scarponi chiodati. Lussorio e Francesco hanno smesso di protestare, quando hanno capito che ogni loro parola avrebbe fatto infuriare ancora di più i loro carcerieri. Ora si limitano ad aspettare che questo incubo finisca. Certo qualcuno in Questura si chiederà dove diavolo sono spariti gli agenti ausiliari Lussorio Bosu e Francesco Rezza, in servizio di pattuglia. Certo qualcuno arriverà dalla Questura ed esigerà la liberazione di Lussorio e Francesco. Certo…. Ma non arriva nessuno. Gli Alleati sono ormai alla periferia della Capitale ed i vertici filofascisti della Questura stanno tagliando la corda. Di certo non hanno voglia di impelagarsi a litigare con i parà per un paio di sfigati di agenti ausiliari, mentre gli esponenti filo partigiani della Questura sono ancora deboli e disorganizzati e non sono in grado di tentare e forse nemmeno vogliono provare un’azione per liberare Lussorio e Francesco. I due poliziotti sono soli ed ora il gruppo di paracadutisti li guarda con rabbia sorda e feroce. “Ora ci ammazzano”. D’accordo, la propaganda di estrema destra ha esaltato la scelta della RSI da parte di molti militari e civili dopo l’8 Settembre 1943, parlando di riscossa, di fedeltà all’alleato, della scelta della “via dell’onore”. Coloro che scelsero la RSI sono presentati come degli idealisti desiderosi di redimere l’Italia dalla vergogna della resa. Guarda, in un certo senso è vero. Vi furono molti, forse moltissimi militari e civili che scelsero di schierarsi con la Repubblica Sociale per motivi idealistici, ma ve ne furono altrettanti che scelsero Salò per motivi meno nobili. Tra i primi a schierarsi con la RSI, prima ancora della liberazione di Mussolini, sono i soldati del XII Battaglione Paracadutisti della Divisione Nembo. La retorica di estrema destra ha sempre esaltato questa unità, definendola con accenti eroici, parlandone i difensori di Roma Eterna dalle orde barbariche angloamericane. Certo, seppero combattere bene ed a volte eroicamente, ma entrarono nella storia della RSI e della guerra civile con un duplice omicidio e ne uscirono con un altro doppio delitto.
All’indomani dell’ 8 Settembre 1943 alcune unità della
Nembo sono acquartierate in Sardegna, nel
Cagliaritano. Alla notizia dell’armistizio i parà ed
altri soldati, sobillati dai tedeschi, decidono di
disobbedire agli ordini del governo e di schierarsi
con la Germania. Il XII battaglione della Nembo si
ritira verso il nord della Sardegna per congiungersi
con le truppe della Wehrmacht che stanno cercando di
raggiungere il Continente. Ma il comando della
divisione Nembo invia per fermare i disertori il Capo
di Stato Maggiore dell’unità, il tenente colonnello
Alberto Bechi Luserna, un ufficiale leggendario ed
amato, un pluridecorato combattente di tre guerre, il
comandante eroico del IV Battaglione Paracadutisti
della Folgore ad El Alamein. Non si vuole arrivare
allo spargimento di sangue tra italiani e si conta
sull’indubbio carisma dell’ufficiale per fermare gli
ammutinati. L’auto con a bordo Bechi Luserna viene
fermata ad un posto di blocco dei disertori a Borore,
nei pressi di Macomer. Qui l’ufficiale cerca di
convincere gli uomini della Nembo a ritornare nei
ranghi. In seguito, per giustificare quello che
accadrà, la storiografia di estrema destra dirà che
Bechi Luserna ha estratto la pistola e l’ha puntata
contro i paracadutisti al posto di blocco o che l’ha
fatto uno dei carabinieri di scorta o che Bechi
Luserna ha fatto un gesto male interpretato da un parà
particolarmente nervoso o che l’ufficiale comandante
dei ribelli è inciampato scendendo dall’auto e che uno
degli ammutinati ha pensato che il proprio ufficiale
fosse stato aggredito, c’è solo l’imbarazzo della
scelta. Ti offendi se ti dico che per me sono solo
balle? Una volta raggiunta la Penisola, il XII Battaglione, trasformato in Battaglione Nembo si batte bene contro gli alleati nel settore di Anzio ed è una delle unità della RSI cui viene affidata la difesa finale di Roma. Il 4 giugno, nei pressi di Castel di Decima, c’è l'ultima vera battaglia del Nembo, nella quale rimangono uccisi il comandante dell'unità ed alcuni parà, uno dei quali è l'ex guardia di PS Balzino Balzini, già in servizio alla Questura di Gorizia, dimessosi dalla Polizia per arruolarsi nell'esercito della RSI. I superstiti di Castel di Decima ritornano a Roma al loro comando, sconfitti e furibondi, per preparare i loro equipaggiamenti e seguire neofascisti e tedeschi nella loro fuga verso il Nord Italia. Immagina i camion che riportano nella Capitale quegli uomini carichi di odio e di rabbia. Sono degli uomini sconfitti, convinti di essere stati battuti non dal nemico, ma dal presunto tradimento dei connazionali. Immagina i loro sguardi torvi e feroci mentre guardano intorno, bramosi di cogliere un gesto imprudente da parte di chiunque. Ma non ci riescono, i romani cercano di evitare di farsi vedere in giro, in quei momenti. La guerra a Roma sta per finire: non è il caso di farsi ammazzare negli ultimi secondi di occupazione. Ma gli occhi dei paracadutisti cadono quasi per caso su due agenti di pattuglia: le guardie ausiliarie di pubblica sicurezza Lussorio Bosu e Francesco Rezza. Su di loro non ti posso dire molto: Lussorio e Francesco sono soltanto due comparse sul palcoscenico della Storia, due nomi che, se questo fosse un film, non apparirebbero nemmeno sui titoli di coda. L’8 Settembre 1943 li ha colti mentre erano militari del Regio Esercito, impossibilitati a riunirsi alle proprie famiglie, rimaste per Lussorio in Sardegna e per Francesco in provincia di Bari. Probabilmente non si sono arruolati come agenti ausiliari di Polizia animati da chissà quale anelito patriottico, ma, come molti militari della RSI, più semplicemente perché è il modo più sicuro per evitare la deportazione in Germania e per guadagnare uno stipendio che, per quanto non esaltante, permette loro di sopravvivere dignitosamente. Durante la durissima occupazione tedesca di Roma hanno affrontato tutte le esperienze più difficili, dal rastrellamento del ghetto ebraico, ai bombardamenti, alle Fosse Ardeatine, alle sopraffazioni tedesche, agli attacchi partigiani e se la sono sempre cavata. Gli è andata bene, almeno finora. Le guardie ausiliarie di PS sono spesso male armate e peggio equipaggiate e i rapporti diretti a Mussolini ed ai vertici della RSI da parte di Giorgio Pini, inviato del duce nella RSI nel 1944, sono precisi “…uomini niente equipaggiati, tanto che sembrano veri zingari…” “…nessuno degli agenti possiede una divisa…” “…solo il 40 % degli agenti armati…” “….117 agenti ausiliari che vanno a dormire a casa perché non c’è caserma, privi di scarpe, di uniformi, di cappotti, quasi senza armi…” “…150 ausiliari scarsamente vestiti e peggio armati…” . Come stupirsi se molte guardie ausiliarie taglino la corda o collaborino più o meno apertamente con i partigiani? Non so dirti se Lussorio e Francesco facciano altrettanto. Non è impossibile, ma è molto più probabile che come la maggior parte degli italiani si siano limitati a fare il proprio lavoro, in attesa della fine della guerra, ritenendosi fortunati per il poco che riescono ad ottenere: il rancio caldo ad un posto di blocco, un paio di sigarette in più allo spaccio della questura, una coperta non infestata dai pidocchi, una tessera annonaria, una uniforme pulita e senza rattoppi, come quelle estive che ora stanno indossando durante il servizio di pattuglia, quel 4 Giugno. Sono appartenenti al Corpo degli Agenti di PS e vengono da qualche magazzino sfuggito ai saccheggi dei civili e dei tedeschi dopo l’8 Settembre e al bavero portano ancora le mostrine con le stellette appartenenti al Regio Esercito e non quelle con il gladio dell’Esercito Repubblicano. E sono queste che non sfuggono agli “eroi” della Nembo: hanno preso un bel fracco di legnate dagli Alleati a Castel di Decima, ora pagheranno questi due poliziotti che portano a spalle un paio di patetici moschetti ’91 ed hanno la mostruosa colpa di indossare le uniformi che portano al bavero mostrine con le stellette delle Regie Forze Armate. Basta poco per morire in quegli anni. Lussorio e Francesco vengono disarmati, picchiati e trascinati a forza nella sede dell’Istituto di Botanica dell’Università di Roma, trasformato in comando del “Nembo” e qui ancora subiscono pestaggi e torture. I “prodi redentori”dell’onore d’Italia massacrano così due ragazzi di nemmeno 25 anni, colpevoli di indossare sull’uniforme le mostrine “sbagliate” poi Lussorio e Francesco vengono messi al muro, senza uno straccio di processo, senza una accusa degna di questo nome e fucilati. I loro corpi verranno ritrovati quando, poche ore dopo, il “Nembo”abbandonerà Roma diretto verso il Nord. Da allora in poi l’unità, nata da un delitto come l’assassinio del colonnello Bechi Luserna, parteciperà in Piemonte alla guerra civile ed ai suoi massacri sino all’aprile 1945.
Nel Dopoguerra alcuni paracadutisti verranno
condannati per l’omicidio di Alberto Bechi Luserna
(anche se ancora oggi esistono versioni che parlano di
un “incidente”) il cui sacrificio verrà onorato anche
dall’intitolazione di caserme dell’Esercito e di vie e
piazze. Nessuno, almeno che io sappia, ha mai pagato
per l’omicidio delle guardie ausiliarie di P.S.
Lussorio Bosu e Francesco Rezza. So che la Repubblica
nata dalla Resistenza ha posto all’Istituto di
Botanica una lapide in ricordo dei due giovani
poliziotti e del loro sacrificio, ma è inutile che tu
la cerchi. Da quello che ne so la lapide non c’è più,
tolta durante alcuni lavori di ristrutturazione e mai
più rimessa al suo posto. Basterebbe così poco per ricordarli. (per la redazione di Cadutipolizia.it Fabrizio Gregorutti) Commenta nel forum QUI |