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IL SOGNO E L’INCUBO
- Maurizio Giglio e Pietro Koch -

 (di Fabrizio Gregorutti)

Maurizio Giglio proviene da una famiglia dell’alta borghesia profondamente legata al fascismo, e non potrebbe essere altrimenti, visto che il padre è un dirigenti della Polizia e dell’OVRA, il potente servizio segreto del Ministero degli Interni . Sicuramente è fascista anche Maurizio, come la maggior parte dei suoi coetanei degli anni ’30, cresciuto da una dittatura che esalta la gioventù e l’ebbrezza guerriera. Forse è uno di quei giovani universitari descritti da Montanelli, che sognano di cambiare il fascismo dall’interno, senza opporsi ad esso e che vengono guardati con occhio benevolo da alcuni gerarchi “moderati”.

Anche Pietro Koch proviene da una famiglia borghese. Il padre Otto è tedesco ed è un prospero commerciante di vini. Pietro frequenta le scuole “giuste” e quando si tratta di partire militare è ufficiale di complemento dei Granatieri, nello stesso reggimento del Principe Umberto. E’ un bel ragazzo, ha gran successo con le donne e nella sua impeccabile uniforme di sottotenente fa una splendida figura. Ma è l’unica nota positiva. In realtà è solo un piccolo farabutto e quando nel 1939 si congeda, nonostante la guerra sia ormai alle porte, il Regio Esercito lo lascia andare senza alcun rimpianto e, forse, con un sospiro di sollievo.

Il 10 Giugno 1940 l’Italia entra in guerra. Maurizio si arruola volontario. E’ un patriota e considera un suo dovere servire nell’Esercito. Entra in combattimento sul fronte greco, comportandosi da valoroso, tanto da guadagnare una medaglia di Bronzo al Valor Militare. Ma probabilmente è lì, in quell’inferno di neve e di fango, che Maurizio perde la sua fede nell’Uomo del Balcone e nel fascismo. Maurizio rimane traumatizzato di fronte all’orribile spettacolo degli uomini al suo comando gettati allo sbaraglio nell’assurda e ignobile aggressione alla Grecia, uccisi, mutilati, congelati. E’ lì, nell’orrore del fronte, che Maurizio cambia per sempre.

Pietro non si presenta volontario. Ha di meglio da fare che servire il proprio Paese e questo meglio si chiama truffare il prossimo: diventa uno specialista nello sbronzare le ignare vittime per poi derubarle e per questo motivo passa anche i suoi guai con la Giustizia. Solo nel 1943 il Regio Esercito, di fronte al massacro di migliaia di giovani ufficiali al fronte, inizia a raschiare il fondo del barile e richiama alle armi il sottotenente Koch che riceve l’ordine di raggiungere la propria unità in Sardegna. Pietro impreca furiosamente contro l’Esercito che lo ha spedito nell’isola, strappandolo ad un brillante avvenire di truffe e furti. Giunge a Livorno in attesa di imbarcarsi per l’isola, ma non raggiungerà mai la propria destinazione, perché arriva  l’8 Settembre 1943.

Quel giorno Maurizio è a Roma. E’ smarrito come tutti gli italiani, militari e civili, di fronte all’inatteso cambio di alleanze e alla fuga del governo e della Famiglia Reale. Forse nelle prime ore non sa che fare, ma quando sente i carri armati tedeschi che muovono nelle strade della Capitale, agisce. Si mette alla testa dei propri uomini e con loro e gli altri soldati, gli agenti della PAI e centinaia di volontari civili combatte per difendere Roma. Gli scontri sono durissimi intorno a Porta San Paolo, alla Magliana, alla Piramide Cestia. Centinaia di Italiani, soldati e civili, cadono eroicamente, ma alla fine i tedeschi vincono e i coraggiosi ragazzi che hanno disperatamente difeso la Capitale vengono caricati sui vagoni piombati diretti verso la Germania. Maurizio non si arrende. Per lui la guerra non è finita. Sa che a Sud ci sono degli Italiani che hanno deciso di combattere i tedeschi e vuole essere tra loro.

Nemmeno per Pietro il conflitto è terminato, ma non ci pensa nemmeno ad arruolarsi nell’esercito della neonata RSI per combattere gli Alleati. Entra invece in un reparto speciale comandato dal maggiore Carità, un sadico torturatore al servizio dei tedeschi che dà la caccia con qualsiasi mezzo alla Resistenza, in quel momento a livello ancora a livello embrionale. Pietro impara il mestiere di seviziatore così bene che presto si mette in proprio.

Maurizio arriva al Sud, mettendosi a disposizione del Regio Esercito che in quel momento sta cercando disperatamente di riorganizzarsi, guardato con estremo sospetto dagli Alleati. Ma quello che Maurizio vuole fare subito è tornare a combattere. La rabbia per i suoi ragazzi che ha visto morire a Roma è tale che è disposto a vendere l’anima al Diavolo pur di vendicarli e di liberare l’Italia. L’occasione gli è offerta dagli americani dell’ OSS, l’organizzazione antenata della CIA, i quali hanno una proposta per il giovane tenente. E’ disposto a ritornare a Roma, con il compito di essere un loro agente sul posto, per informarli dei movimenti delle truppe tedesche? È un incarico estremamente pericoloso e se viene catturato l’unico destino per Maurizio sarà la morte, ma è essenziale per liberare l’Italia…”Che cosa decide, tenente?” Maurizio accetta senza esitare.

Dopo una breve permanenza a Firenze con Carità,  Koch raggiunge  Roma dove raccoglie i primi allori. Insieme al suo mentore arresta un generale monarchico che sta  organizzando la resistenza nella Capitale. E’ un successo lusinghiero che lo porta all’attenzione di chi, tra occupanti e collaborazionisti, hanno bisogno di qualcuno in grado di compiere i lavori sporchi. Pietro Koch viene nominato così tenente ausiliario di P.S.. Raccoglie intorno a sé un folto gruppo di psicopatici, sadici, cocainomani e criminali comuni. E’ nato il Reparto Speciale di Polizia:  la Banda Koch.

Maurizio raggiunge Roma, dove si arruola in Polizia. La Questura non fa domande…il tenente ausiliario di PS Maurizio Giglio è un Eroe decorato ed è il figlio di un alto dirigente dell’OVRA e la Polizia ha un bisogno disperato di validi ufficiali. Maurizio inizia a vivere la sua doppia vita, protetto dalla propria uniforme di Poliziotto. Crea una rete di informatori e collabora attivamente con Peter Tompkins, il capo dell’OSS a Roma, anch’egli un uomo coraggioso che, come Maurizio vive sul filo del rasoio.  Sorveglia le stazioni e le strade, segnalando i movimenti tedeschi verso i fronti di Cassino e di Anzio e comunica questi dati attraverso una radio nascosta su un barcone ancorato sulle sponde del Tevere. Segnala anche le azioni di SS e collaborazionisti, come il blitz compiuto dal Reparto Speciale di Polizia in alcuni conventi in territorio vaticano, dove si sono rifugiati antifascisti ed ebrei. Maurizio è lì e con una piccola macchina fotografica cerca di documentare la violazione, ma è sorpreso dal giovane comandante dell’unità: il tenente ausiliario di PS Pietro Koch.

Pietro guarda con sospetto il giovane collega, ma per il momento non riesce a collegarlo alla rete clandestina di informatori degli americani che sa con certezza operare a Roma. Ora si limita a torturare i prigionieri. Gli arrestati vengono sottoposti a feroci pestaggi all’interno della pensione da lui requisita e trasformata in prigione, gettati sotto docce bollenti, sodomizzati con manici di scopa, ustionati, sottoposti a scosse elettriche, le loro ossa vengono spezzate a colpi di pugni, calci e manganelli. Chi sopravvive alla prigionia da parte della Banda Koch rimarrà per sempre ferito nello spirito. A Pietro questo orrore piace. Nella Roma occupata lui è il Potere. A poco più di 25 anni interviene a riunioni con questori e generali delle SS ed il suo parere è ascoltato benevolmente dal Ministro degli Interni. Ce n’è abbastanza per scatenare l’ambizione di chiunque, specialmente se è provvisto di una buona dose di psicopatia.

Maurizio ha paura di crollare. Vive al limite delle proprie possibilità, fisiche e psicologiche, sempre con la paura di venire scoperto. Si è sentito morire quando i tagliagole della Banda Koch gli hanno sequestrato la macchina fotografica, ma ringraziando Iddio, l’ha scampata. Continua a lavorare e ogni informazione che trasmette riesce a salvare vite umane e  avvicina il giorno della Liberazione…non molla, anche quando la tensione è troppa e la cosa migliore sembra essere quella di scappare. Non deve mollare, per l’Italia e per gli uomini che dipendono da lui. Troppe responsabilità per un ragazzo di 23 anni. Ma non si arrende,  nemmeno quando la Banda Koch inizia a stringere il cerchio intorno a lui.

Pietro arresta Maurizio mentre trasmette le informazioni via radio agli americani. Iniziano sette giorni di torture orribili, forse le più feroci mai perpetrate dalla Banda Koch.

Maurizio urla. Urla disperatamente quando è gettato sotto la doccia bollente, quando le sue ossa vengono spezzate, quando le scariche elettriche vengono fatte passare attraverso il suo corpo. Urla, sino a che non gli rimane più fiato in gola, sino a che prega mentalmente Dio di farlo morire. Urla, ma non parla. Non fa il nome degli altri membri della sua rete e del capo dell’OSS a Roma. Non è riuscito a salvare i suoi uomini in Grecia e durante la difesa di Roma. Lo fa ora.

Dopo una settimana  Pietro non è riuscito a spezzare il tenente ausiliario di PS Maurizio Giglio. Lo  consegna quindi ai tedeschi che chiedono alla Questura di Roma vittime  per una rappresaglia da eseguire dopo la strage di Via Rasella, dove un intero reparto tedesco è stato annientato dai partigiani. Pietro ascolta il comandante della GESTAPO che comunica il luogo scelto per l’esecuzione, una cava di gesso alla periferia di Roma: le Cave Ardeatine e il giorno: 24 Marzo 1944.

Le vittime della rappresaglia, oltre a Maurizio ed a un suo collaboratore, sono soldati, come il colonnello Montezemolo, comandante della Resistenza militare a Roma, sono partigiani di ogni orientamento politico, sono ebrei, sono semplici cittadini capitati per caso nelle grinfie del Male. Sono trasportati in camion coperti da teloni sino alle Cave Ardeatine, che dopo quell’atroce giorno verranno chiamate Fosse, fatti scendere e portati all’interno delle cave  a gruppi di cinque e qui uccisi con un colpo alla nuca.  Muoiono con dignità e con eroismo, come il colonnello Montezemolo ed i membri del Fronte Militare che nell’istante supremo gridano “Viva l’Italia! Viva il Re!” ; come i partigiani che lanciano il loro ultimo omaggio  alla Patria, alla Rivoluzione, alla Libertà;  come gli ebrei che cantano l’eterna preghiera  del loro Popolo “Ascolta, Israele…”;  come il sacerdote don Pietro Pappagallo, condannato a morte insieme agli altri 334 fratelli di sventura ai quali impartisce a l’assoluzione e, come Lui sulla Croce, perdona i propri carnefici;  come il generale Simoni, combattente di otto guerre,  grande invalido e pluridecorato, che conforta i propri compagni di sventura. Come Maurizio,  che dopo essere stato costretto ad entrare nell’oscurità, nel suo ultimo istante di vita grida con tutte le proprie forze “VIVA L’ITALIA!”

Pietro  passa di successo in successo. Le sue informazioni permettono a tedeschi e RSI di lottare con successo contro la Resistenza romana ed il ringraziamento è la nomina a Questore Ausiliario di P.S. . Niente male per il piccolo truffatore di pochi anni prima…. Quando gli Alleati sono ormai alle porte di Roma, Pietro e la sua banda raggiungono il Nord ed a Milano, la vera capitale della RSI, creano un altro covo in una villetta nella zona di San Siro, la cosiddetta Villa Triste, dove per 45 giorni l’inferno sembra essere salito sulla Terra. Come definire altrimenti l’orgia di terrore e violenza che sconvolge Milano in quei giorni?  Ma stavolta Pietro non ha più protettori come il Questore Caruso e viene  arrestato da una strana alleanza tra esponenti della RSI disgustati dai suoi crimini e da altri interessati ad eliminare un pericoloso rivale. Viene rinchiuso a San Vittore, da dove esce pochi giorni prima della Liberazione grazie ai suoi amici tedeschi. Si dà alla latitanza, ma viene arrestato poche settimane dopo, trasportato a Roma e qui, dopo un rapido processo, viene condannato alla pena di morte.

E’un giorno di sole quando Pietro Koch viene portato di fronte al plotone d’esecuzione formato da agenti di Polizia. Affronta la morte con una dignità che in vita non ha mai conosciuto. Perlomeno, andandosene, ha il buongusto di non inneggiare all’Italia. Poi, la scarica del plotone d’esecuzione.

Nel dopoguerra l’Italia ha conferito  una meritata Medaglia d’Oro al tenente ausiliario di Polizia Maurizio Giglio, il cui eroismo è perennemente ricordato da monumenti e lapidi e dall’intitolazione di caserme di Polizia. E’ diventato il simbolo di un Paese in cerca di riscatto e della parte migliore della nostra anima di Nazione, quella capace di affrontare ogni difficoltà e ricominciare.

Del questore ausiliario Pietro Koch si cerca di dimenticare la stessa esistenza o almeno di liquidarlo con poche righe. Niente di più sbagliato. Quello che Koch ha fatto non può essere cancellato dalla nostra Storia di Nazione, appartiene alla parte peggiore di noi stessi, quella che cerchiamo di non fare emergere allo scoperto, per paura di quello che potremmo  scoprire.

Maurizio è il Sogno.

Pietro è l’Incubo.

(per la redazione di Cadutipolizia.it Fabrizio Gregorutti)